Presentazione
Al
Teatro Parioli Peppino De Filippo dal 1 al 31 dicembre
2016,Gran Cafè Chantant, vaudeville di
Tato Russo da Eduardo Scarpetta con Tato Russo che firma
anche la regia e con l’Orchestra Gran Cafè Chantant che
eseguirà musiche dal vivo.
Tato Russo riscrive e trasforma la commedia di Scarpetta in
un vaudeville e, intorno al classico divertentissimo
intreccio scarpettiano, ci propone l’analisi critica di un
periodo storico che, pur durando lo spazio di una meteora,
fu denso di significati culturali e civili, che chiudeva un
secolo, l’Ottocento, e ne apriva un altro: quello dell’opera
moderna.
Siamo ai primi del 900, nel cuore della belle epoque. Molti
teatri di prosa chiudono perché la moda dell’epoca li rende
ormai deserti. Qualcuno per seguirla
viene trasformato in ritrovo di numeri ben più allegrotti.
Due coppie di artisti ormai alla fame sono costretti, loro
detentori dell’antica arte della tragedia, a riciclarsi come
vedette di café chantant. Una serie infinita di traversie e
di avventure tutte da ridere li accompagna in quello che
vuole soprattutto essere l’affresco d’un epoca edonistica e
culturalmente in grande decadenza. Tato Russo riscrive e
trasforma la commedia di Scarpetta in un vaudeville, che è
un tourbillon di trovate e di caratteri, e intorno al
classico divertentissimo intreccio scarpettiano ci propone
l’analisi critica di un periodo storico che, pur durando lo
spazio di una meteora, fu denso di significati culturali e
civili, che chiudeva un secolo, l’Ottocento, e ne proponeva
un altro: quello dell’opera moderna. Un mitico quindicennio
che,pur proponendosi come un’epoca di splendori, portava in
se un periodo di miseria e
decadenza. Nel 1900 i teatri di prosa chiudevano per
lasciare spazio al Café Chantant. Questa nuova forma
di spettacolo metteva in crisi quello tradizionale come
accadrà qualche decennio più tardi con l’avvento del
cinema e oggi con l’avvento dei one man show da
cabaret. I luoghi teatrali si trasformavano. Chiudevano
molti " teatri storici", altri per sopravvivere erano
costretti a modificare il repertorio. La vicenda dura un
giorno, ma Tato Russo dilata lo spazio temporale di questa
giornata, riferendola all’intero periodo di quel
quindicennio, dalla nascita, allo splendore, alla miseria
del café chantant: un lungo giorno in cui cambia la moda, il
gusto, la maniera di pensare della gente. E se l’azione
parte dalla crisi del teatro di prosa determinata
dall’aggressione del café chantant, termina nella fine
quest’ultimo a sua volta stroncato dall’avvento del cinema.
Intorno ai quattro protagonisti della storia si muove una
miriade di personaggi, che vagano tra tipi macchiette. Tato
Russo ha impostato la commedia su questa folleggiante
contrapposizione di stili recitativi e di drammaturgia. Da
una parte il linguaggio di commedia che sarà di Eduardo,
dall’altra quello da farsa che è tipico di Scarpetta. Da una
parte un Felice, personaggio nel vero senso della parola;
dall’altra il mondo delle caricature, dei trucchi, delle
esagerazioni. Tato Russo ripropone cosi uno Scarpetta
diverso, più vicino ai classici nelle linee di una direzione
personale di fare teatro, laddove ogni intuizione critica
non si propone mai come fine a se stessa ma sottostà invece
ad un piano organico di messa in scena, in cui ogni elemento
concorre in giusta proporzione con tutti gli altri. Uno
spettacolo ricco di trovate, di colori, di contenuti. Un
vero fuoco di fila affidato alla grande bravura di tutti gli
interpreti con alla testa Tato Russo.
Redazione
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