Tema centrale di Una pura formalità:
la ricerca della memoria. Gli squarci che si aprono
nella mente del protagonista durante il serrato
interrogatorio in uno "strano" commissariato ricostruiscono
il suo passato, risalgono alle sue origini con continui
colpi di scena, e come in un thriller lo spettatore arriva
alla verità con un inatteso finale.
Una squallida stanza di uno squallido Commissariato di
Polizia. Si direbbe facile, in fondo, una stanza è una
stanza. Ma c’è qualcosa di inquietante: tutto è sbilenco,
una prospettiva irregolare, libri e faldoni ingrigiti dagli
anni, sui muri misteriosi graffiti e un orologio senza
lancette... come se il tempo si fosse fermato.
Quando il film uscì nelle sale nel 1994 fu accolto, per la
sua inquietante novità, con una certa difficoltà da parte
della critica. Oggi è considerato uno dei film di Tornatore
più belli in assoluto (lo stesso autore ne è convinto), un
“piccolo capolavoro”, ne erano protagonisti Gérard Depardieu
e Roman Polanski con Sergio Rubini. Nell'allestimento
teatrale, Roberto Sturno è lo scrittore Onoff e Glauco Mauri
il Commissario, con loro in scena: Giuseppe Nitti, Amedeo
D'Amico, Paolo Benvenuto Vezzoso, Marco Fiore. Le scene sono
di Giuliano Spinelli, i costumi di Irene Monti, le musiche
di Germano Mazzocchetti.
"L’intensità del racconto, il suo ritmo, illuminato da
emozionanti colpi di scena, una razionale e al tempo stesso
commossa visione della vita – dice Glauco Mauri – mi hanno
spinto, in pieno accordo con Tornatore, ad una libera
versione teatrale.
Già il film ha una sua struttura sospesa fra cinema e teatro
e questo mi ha molto aiutato nel lavoro. E come negli
“incontri” fortunati, la storia così magnificamente
raccontata nel film, ha fatto germogliare in me emozioni
inaspettate che diventavano sempre più mie.
Un’opera tanto più è valida quanto più dona a un interprete
la possibilità di scoprire sfumature umane e poetiche in
essa nascoste.
Ho cercato di far rivivere tutta la forza drammatica della
sceneggiatura modificandone quelle parti che si presentavano
con dei connotati troppo cinematografici, preservandone al
tempo stesso quell’intensità che dall’inizio ci avvolge nel
suo misterioso intreccio. Il racconto rimane oscuro fino al
suo sconvolgente epilogo dove i pezzi lacerati di una vita
si compongono in una serenità inaspettata e commovente: un
capovolgimento radicale di quello che sembrava un giallo.
Un delitto è stato commesso e ne viene accusato un celebre
scrittore, Onoff.
Ma, pur con la tipica atmosfera di un thriller, Una pura
formalità è un viaggio alla scoperta di se stessi, di
quella che è stata la propria vita.
“Gli uomini sono eternamente condannati a dimenticare le
cose sgradevoli della loro vita; e più sono sgradevoli e
prima si apprestano a dimenticarle”. Ecco quello che
scrive in uno dei suoi romanzi Onoff, che nella lunga notte
di Una pura formalità cerca ansiosamente di
ricordare... ricordare... cosa?
Un altro uomo aiuta Onoff in questa faticosa ricerca di un
passato che si è voluto dimenticare: un inquietante
commissario di polizia, un personaggio duro e ironico,
comprensivo ma implacabile...
Non può non sovvenirmi il ricordo del grande Dostoevskij e
il rapporto tra Porfirij e Raskolnikov in Delitto e
Castigo.
Tutto si svolge in una sperduta stazione di Polizia. Ma lo è
veramente? E dove si trova? E quelle strane persone al suo
interno, sono poliziotti? Cosa aspettano?
La storia fa nascere numerosi interrogativi ed è pervasa di
“misteriosi perché”. Il cinema ha le sue ricchezze
espressive, il teatro ne ha altre che sono sue proprie. E su
un palcoscenico, nel nostro caso, la parola assume un valore
non solo di racconto ma anche di invito alla fantasia e alle
domande. Domande necessarie all’uomo per aiutarlo a cercare
di comprendere quel viaggio a volte stupendo e a volte
terribile, ma sempre affascinante che è la vita.
Questo è quanto
l'adattatore, regista e grande interprete qual è M;auri
chi ha voluto dire nella premessa da noi rièportata
pari pari, senza mai il bisogno di qualche cesura.
Roberto Sturno in coppia col maestro è insuperabile e la
rappresentazione completata con gli altri attori, bravi e
monolitici tutti entro il dramma, conduce lo spettatore
verso un epilogo atteso per un'ora e mezzo senza sconti,
verso una chiusa terribile ove memoria e tempo divengono
giustizieri eterni senza l'appello di nessuna attenuante
parodiata da "una pura formalità": la morte!
Lo spettacolo
ti risuccia il fiato lasciandoti la gola secca dall'attesa.
gli applausi ripetutissimi sciolgono le mani ma, seppure
metafisico, il dramma coinvolge tutti con un grosso
interrogastivo: la vita!
Guerrino Mattei
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