Arriva a Roma, al Teatro Belli
dopo il grande successo ottenuto a Potenza nell'ultima
edizione del Festival Quartieri Contemporanei, lo spettacolo
“La chiave di Virginia B.” di Isabel Russinova,
ispirato al romanzo del grande autore giapponese Junichiro
Tanizaki.
Si parla quindi di erotismo ma
non nel senso letterale del termine, bensì nel senso del
“complesso delle manifestazioni dell’impulso sessuale sul
piano psicologico, affettivo e comportamentale”. Questo
complesso di manifestazioni domina ogni azione dei
protagonisti, ne pervade ogni gesto, ne detta il
comportamento.
Lo spettacolo è ambientato negli anni ‘50, periodo di grandi
cambiamenti etici e sociali nel nostro Paese, in cui
l’erotismo e la donna sono emblemi di valenze e
condizionamenti che riflettono le ansie, ma anche le
speranze di cambiamenti epocali, proprie del dopoguerra.
Nella pièce “La chiave di
Virginia B”, l’erotismo è l’ideale filo conduttore della
vicenda, delineata dal complesso rapporto affettivo dei
protagonisti, dove di volta in volta si alterna la volontà
dell’uno di prevalere sull’altro, il desiderio inconfessato
di tenerezza, contrapposto alla volontà di sopraffazione. In
un crescendo di situazioni emotivamente coinvolgenti, il
“gioco al massacro” assumerà toni esasperati e paradossali,
culminando in un sorprendente finale noir.
Protagonista della pièce sarà la
stessa autrice del testo, Isabel Russinova, affiancata da
Antonio Salines, insieme a loro Fabrizio Bordignon e
Annabella Calabrese, musiche di Antonio Nasca e regia di
Rodolfo Martinelli Carraresi.
All'ombra statuaria e bella dell'autrrice-interprete anche
attori grandi come Salines si fanno piccoli. Eppure sono
tutti bravi ed accondiscendenti alle movenze concupiscenti
della bellissima Russinova che lo stesso Manzoni avrebbe
definito "bellezza velata ma non trascorsa".
Abbiamo assistito all'ultima replica a spettacolo ormai
rodato e la freddezza dei personaggi nel loro ruolo ben si
evidenzia fra dubbi esitenziali, acquietamenti d'anima e
scappatoie morali ove il sesso è soltanto il prestanome per
una condizione di disagio sociale, ove i tabù stentano a
dissolversi in nome di una liberazione erotica che ancora si
avvale del supporto di una luce spenta o di un corpo mal
visitato in camera da letto.
La perversione sottile e gli stratagemmi, a volte fin troppo
ovvi, sono sempre in agguato e lo spaccato di una
emancipazione lenta ma inesorabile degli anni '50 piano
piano prende consapevolezza, fino alla giustificazione dei
propri accadimenti di cui i protagonisti diventano vittime e
carnefici.
Nella sua lentezza, quasi sempre funerea, lo spettacolo ha
un suo spessore con momenti di moralità che giustificano
realtà vissute ma non volute dalla protagonista, redatte
soltanto dall'amore e dall'accondiscendenza sessuale non per
sè ma per il bene degli altri: marito e amante!
Gli applausi sono ampiamente meritati.
Guerrino Mattei
La manifestazione è realizzata
con il contributo di INPS – fondo PSMSAD
|