"I duellanti",di scena al teatro Quirino di Roma, è
un romanzo esemplare, scritto da uno dei più grandi autori
europei di primo Novecento: Józef Teodor Konrad Korzeniowski,
meglio noto come Joseph Conrad.
L'idea geniale su cui Conrad costruisce “The Duel” è che i
due avversari non si fronteggiano sugli opposti versanti del
campo di battaglia: sono ufficiali dello stesso esercito, la
Grande Armée di Napoleone Bonaparte. Ussari, per
l'esattezza.
Gabriel Florian Feraud, guascone iroso e scontento, e Armand
D'Hubert, posato e affascinante uomo del nord, non sono
semplicemente due giovani promettenti e sconcertanti
ufficiali del più grande esercito dell'Ottocento, ma a modo
loro incarnano incubi e ossessioni che – da Melville a
Faulkner, da Kafka fino ad Albert Camus – accompagnano la
cultura occidentale fino allo sfacelo della seconda guerra
mondiale.
Per motivi a tutti ignoti – e in realtà banalissimi, al
punto da rasentare il ridicolo – inanellano sfide a duello
che li accompagnano lungo le rispettive carriere, senza che
nessuno sappia il perché di questo odio così profondo. E,
proprio per il mistero che riescono a conservare, i due
diventano famosissimi in tutto l'esercito napoleonico: non
tanto e non solo per i meriti sui campi di battaglia di
tutta Europa, quanto per la loro eroica fedeltà alla loro
sfida reciproca, che li accompagnerà per vent'anni, fino al
duello decisivo.
Un'opera su un mondo in rapida estinzione e al tempo stesso
un capolavoro dell'assurdo, su come i fili della vita e del
destino sfuggano di mano e sopravanzino ogni buon senso e
prevedibilità.
<<Questo è un lavoro sull'avversario - scrive Francesco
Nicolini - e sul diventare adulti. Per me nei Duellanti
esiste una questione semplice per quanto contorta:
l'avversario più feroce lo hai dentro di te e non riesci a
liberartene per il semplice fatto che sei tu che non vuoi
liberartene. È il richiamo della foresta, la voglia di
libertà, il piacere del rischio e della conquista. E non sta
altrove, sta dentro e si nutre di te e tu di lui. Amo quelle
storie in cui io posso leggere una trama, e
contemporaneamente un'altra completamente diversa, e le due
convivono perfettamente. Questo è uno di quei casi: Feraud
esiste ed è un avversario reale, in carne e ossa, spietato,
feroce, pure stupido per certi versi ma molto determinato.
Non mollerà mai. Eppure, al tempo stesso, Feraud è la metà
oscura di D'Hubert: è quella parte di te che riemerge ogni
volta che abbassi la guardia, ogni qualvolta che –
guardandoti intorno – scopri un desiderio vietato che non ti
vuoi negare, come ad esempio un duello in piena regola,
anche se le regole dei duelli sono state abolite da
Napoleone, che i duelli odiava>>.
Il lavoro è bello e ben apparecchiato su un palcoscenico che
non è un campo di battaglia o una foresta per affrontarsi
all'ultimo sangue.
Crediamo che il lavoro migliore lo abbia fatto la regia
nell'inventare spazi idonei e situazioni temporali sorrette
soltanto dall'immaginazione e da costumi d'epoca ben
indossati dagli attori.
Bravissimi gli interpreti nell'esprime
odio-amore-rispetto-orgoglio. Sia Boni che Prayer riempiono
la scena dando vita ad un romanzo difficile già nel
concepirlo ed ancor più difficile nel rappresentarlo.
Lo spettacolo è tutto da vedere ed applaudire.
Guerrino Mattei
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