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diretto
da Guerrino Mattei
eventi
AGNONE (IS) - 'NDOCCIATA
Il
tradizionale fiume di fuoco
che celebra il
Natale
Agnone, cittadina dell’Alto Molise costellata di chiese
e palazzi nobiliari decorati da raffinati portali in
pietra, ha diffuso la sua fama nel mondo sui rintocchi
delle campane della Pontificia Fonderia Marinelli che da
otto secoli tramanda la sua attività ed è l’unica
sopravvissuta delle dinastie di campanari.
Questa località è nota anche per un rito antico che si
rinnova nella sera della vigilia di Natale,
quello della ’ndocciata, la fiaccolata. In origine era
l’antica festa pagana legata al solstizio d’inverno che
celebrava nella notte più lunga dell’anno il fuoco come
fonte di vita, elemento fecondatore e purificatore della
natura. Intorno all’anno Mille si trasforma nella festa
del Natale cristiano, la festa della nascita di Cristo
luce del mondo, probabilmente perché con le fiaccole i
contadini illuminavano il cammino verso il paese per
assistere alla messa di mezzanotte; la lunghezza delle
torce variava in funzione della distanza della borgata
dal centro della città.
A questa tradizione erano legati anche gli antenati Osci
e Sanniti, spostandosi dagli avamposti militari
nottetempo con le torce. Il fuoco è un elemento presente
nei riti in onore del dio Sole delle popolazioni europee
e del vicino Oriente: il dio iraniano Mithra, emanazione
solare di Ahura-Mazda, è il sole invitto simbolo di
conoscenza, purezza e immortalità.
***
8 e 24 dicembre ore 18,00 lungo il
corso cittadino
Pro Loco tel.
0865.77249
Presidio Turistico
tel. 0865.77722
www.ndocciata.it
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Testimonianze scritte si hanno fin dall’inizio dell’‘800
come rito agreste, nel corso del quale i giovani si
mettevano in mostra con le ragazze portando la torcia sotto
la finestra dell’amata; se la bella si affacciava era buon
segno, se versava un secchio d’acqua spegnendola, si
spegneva anche la speranza. Sospesa durante il conflitto
mondiale, negli anni ’50 venne ripristinata dalla Pro Loco
con una gara a premi come incentivo.
Nonostante il disfacimento della società agricolo-pastorale
di cui è espressione, questa spettacolare festa è
sopravvissuta. Nel 1996 il fiume di fuoco ha “incendiato”
Piazza S. Pietro nel giorno dell’Immacolata, in omaggio a
Giovanni Paolo II per il suo cinquantesimo sacerdotale. La
risonanza derivata dalla diretta televisiva ha fatto sì che
da allora, in particolari ricorrenze si effettua anche
un’edizione straordinaria l’8 dicembre.
Le ‘ndocce sono alte oltre 3 metri e possono essere
assemblate a ventaglio, fino a 20 fuochi, trasportate dai
portatori, in costume contadino con la caratteristica cappa
di lana nera, provenienti da cinque contrade: il gruppo
storico Sant’Onofrio, Guastra dell’agro di Capracotta,
Capammonde e Capaballe costituito da giovani, Colle Sente
dell’alta montagna, San Quirico della vallata. Sono
realizzate con rami e listelli di abete bianco, leggero e
resinoso e molto infiammabile, di piante selezionate dal
Corpo Forestale dello Stato tra quelle malate o abbattute da
calamità naturali nel bosco di Montecastelbarone (quest’anno
sono state utilizzate 47 piante), intercalati a fasci di
ginestre secche legati con lo spago.
Al rintocco del campanone di Sant’Antonio vengono accese le
’ndocce e i portatori si incamminano lungo il corso tra la
folla che si assiepa ai lati; il fiume di fuoco che scende
verso il centro storico è preceduto dal gonfalone e dal
corteo di donne e bambini che recano cestini con dolci e
candidi conigli. Procedono nell’ordine stabilito, prima le
‘ndocce singole, poi quelle a due e via via con un maggior
numero di fiamme disposte a raggiera, dentro cui i portatori
infilano la testa trasformandosi in torce umane. Uomini
poderosi esibiscono la loro forza e, nascondendo lo sforzo e
respirando il fumo acre, danzano e roteano come pavoni di
fuoco mentre tizzoni fumanti si staccano schizzando lapilli
e cenere sugli spettatori. Concluso il percorso, le ‘ndocce
ammucchiate generano il grande falò della ‘fratellanza’ in
cui viene metaforicamente bruciato tutto ciò che di negativo
è avvenuto nel corso dell’anno. Un tempo si traevano
auspici, per il raccolto e per gli amori, dal modo in cui la
torcia bruciava e scoppiettava, se soffiava il vento del
nord l’anno sarebbe stato buono, e addirittura si credeva
che il crepitio potesse scacciare le streghe.
Nel 2011 ha ottenuto il riconoscimento di Patrimonio
d’Italia per la Tradizione.
Tania Turnaturi
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