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FRATTA POLESINE - ROVIGO

Carbonari della Fratta

Pagina gloriosa del Risorgimento italiano

 

 

 

L'11 novembre 1818 Fratta Polesine subì la prima repressione austriaca dell'aspirazione alla libertà nel Lombardo-Veneto.

Le nobili dimore di campagna sparse in questo territorio polesano, ospitavano gli incontri dei cospiratori sotto l’immagine ufficiale di feste di società.

Per mantenere viva la memoria e rendere omaggio all’eroico sacrificio di tanti suoi figli, l’Amministrazione di Fratta rievoca ogni anno il tragico avvenimento con la cena carbonara, proprio nel salone di Villa Grimani Molin, ora Avezzù Pignatelli.

La dimora affaccia sulla piazza delimitata dalla palladiana Villa Badoer patrimonio Unesco, di cui ricalca le linee architettoniche, le decorazioni interne a grottesche e gli affreschi ispirati al Veronese.

 

 

 

 

Nei giorni successivi al pranzo offerto ai Carbonari da donna Cecilia Monti di Fratta, i convitati vennero arrestati, processati e condannati al carcere duro dello Spielberg. Il conte Antonio Fortunato Oroboni, compagno di prigionia di Silvio Pellico che lo ricorda ne “Le mie prigioni”, non sopravvisse agli stenti e morì dopo due anni.

 

 

 

 

 

 

 

La sera dell’11 novembre Villa Molin è avvolta da un tricolore di luce. Nella sala, dopo i saluti di benvenuto del sindaco Tiziana Virgili, vengono annunciati gli ospiti della contessa Cecilia: Antonio Fortunato Oroboni, Angelo Gambato, Antonio Francesco Villa, don Marco Fortini, Giovanni Monti, Antonio e Carlo Poli, Giacomo, Federico e Sebastiano Monti, Domenico e Antonio Davì, Vincenzo Zerbini, Domenico Grindati, che prendono posto al tavolo in fondo. Assistiamo alla loro conversazione assaporando i piatti che rivisitano le antiche ricette della tradizione: cacimperio con focaccia alla fratteggiana, caciottina di mucca con miele dei prati del fiume Scortico, cappellacci de zuche con il butìro, bondola di carne della Fratta, faraona arrosto con salsa alla Marengo, innaffiati dal Fior d’Arancio dei Colli Euganei.

Improvvisamente dalla loggia irrompono i gendarmi, neri avvoltoi intabarrati che mettono in catene la nobildonna e gli ospiti. Inizia il processo per alto tradimento con la condanna al carcere duro e l’umiliante sconsacrazione ad opera del Patriarca di Venezia di don Marco Fratini, nella piccola cappella attigua.

Le “giornate carbonare” prevedono vari momenti evocativi, legati anche alla festa di San Martino, che richiamano numerosi visitatori, coinvolgendo l’intera comunità di Fratta con decine di figuranti.

 

 

Il mattino successivo sotto il pronao affrescato da Giallo Fiorentino della “Badoera” si viene accolti da Lucetta, moglie del magnifico signor Francesco Badoero che la commissionò a Palladio nel 1554. La signora, guidandoci tra i soggetti allegorici e mitologici delle sale e poi nelle cucine al pian terreno, ci proietta in un viaggio a ritroso tra le nobili famiglie succedutesi nella villa, fino alla Provincia di Rovigo, attuale proprietaria.            

Le carrozze a cavallo ci attendono per condurci lungo le vie cittadine contornate da austeri villini. Sulla piazza, giocolieri, carri carichi di masserizie, contadini, borghesi, aristocratici, gendarmi austriaci che fanno le esercitazioni. A un tratto, tra il popolo serpeggia un fremito, le guardie attaccate da lanci di ortaggi arrestano i cospiratori che diffondono volantini.

La rievocazione dei moti carbonari nella “Fratta austriaca” del 1818 e la loro repressione, prodromi del riscatto dalla dominazione straniera, oltre che evento di forte richiamo turistico, rappresenta un tributo alla storia risorgimentale e agli ideali che hanno sostenuto il concetto di Patria, da trasmettere alle giovani generazioni con un percorso storico-didattico lungo le dimore storiche dei carbonari, sostiene il sindaco di Fratta.

La lapide commemorativa sul muro di cinta della Villa Grimani Molin recita: “Per avere soltanto agognato un’Italia libera, unita ed indipendente, i Carbonari di Fratta convocati a banchetto in questa villa l’11 novembre 1818, su ordine dell’occupante governo austriaco arrestati e condannati per alto tradimento, patirono lunghi anni di carcere duro nelle orrende fortezze dello Spielberg e di Lubiana”.

Un secolo dopo Giacomo Matteotti, la cui abitazione occhieggia dagli alberi oltre la piazza, nutrito degli stessi ideali patriottici, contrastò la matrice autoritaria e illiberale del fascismo denunciando in Parlamento nel 1924 i brogli elettorali. Rapito e ucciso il 10 giugno, il suo corpo venne ritrovato nella campagna romana il successivo 16 agosto.

 

Tania Turnaturi